In una toccante intervista a “Il Calciatore” – la rivista dell’Assocalciatori – Antonio Floro Flores ha ripercorso i ricordi della sua infanzia, raccontando ovviamente anche i primi passi nel mondo del calcio. L’attaccante del Sassuolo ha iniziato giocando per strada come tutti i suoi amichetti del Rione Traiano a Napoli fino ai 10-11 anni, quando finalmente è riuscito ad iscriversi ad una scuola calcio. All’Atletico Toledo – questo il nome della sua prima squadra – lo accolsero anche se non poteva pagare il corso. A convincere tutti fu il talento dimostrato sul campo; un ragazzino con le sue qualità meritava un’opportunità anche se la sua famiglia non poteva permettersi di sostenere quella spesa.
Purtroppo questa prima avventura nel mondo del calcio venne interrotta bruscamente da un fatto scioccante. Un giorno al campo d’allenamento arrivarono i carabinieri per arrestare proprio il suo allenatore, che si scoprì essere un pedofilo:
“Avevo 10-11 anni quando sono entrato per la prima volta in una scuola calcio, l’Atletico Toledo. L’idea di essere vincolato a un allenatore e a degli orari mi dava fastidio. I miei lavoravano, ma la ditta di mio padre stava per fallire e i soldi per la scuola calcio erano troppi. Ma dopo che mi avevano visto giocare, gli dissero che non c’erano problemi. Ricordo che poi non passò molto tempo e saltò fuori che l’allenatore era un pedofilo. Me la rivedo ancora la scena, mentre stavamo giocando, la marea di carabinieri che è arrivata. Così tornai a giocare per strada”
Per sua fortuna poi arrivarono nuove opportunità che diedero il via alla sua fortunata carriera, iniziata a livello professionistico con l’esordio in Serie A a soli 17 anni con la maglia del Napoli. Da ragazzino Floro Flores era irrequieto, influenzato da una realtà di degrado sociale che senza la passione per il calcio avrebbe potuto farlo finire sulla cattiva strada. Per sua fortuna il padre capì che il calcio per lui poteva rappresentare un’occasione di riscatto e per questo non gli ha mai impedito di giocare e sognare un futuro da calciatore:
“Sono arrivato alla terza media e quel diploma mi è stato regalato. La mia strada era il calcio, cosa andavo a fare a scuola? Era un ostacolo e sono sicuro che per il 99% dei ragazzi a Napoli sia ancora la stessa cosa. Il primo sogno il calcio, non ci sono altre strade. Ricordo la volta che un prof voleva parlare con mio padre e io avevo paura perché sapevo che poi a casa le avrei prese. Ma quando dissero a papà che avrebbe dovuto vietarmi di giocare, lui rispose: ‘Con che alternativa? Morire ammazzato o in galera?0. Adesso mi viene da sorridere, penso al posto dove giocavamo. Me le ricordo le sparatorie, noi ragazzini che correvamo via e ci nascondevamo”.
Al di là della storia di Floro Flores, dall’epilogo sicuramente positivo, mette un po’ tristezza lo stato di totale abbandono nel quale sono costretti a vivere e crescere anche oggi tanti giovani ragazzi. Il calcio può anche rappresentare un’occasione di riscatto per qualcuno, ma non dovrebbe mai essere l’unica alternativa alla vita di strada.
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